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      Merita riflessione come il prezzo comune dipendendo dalla comune opinione degli uomini non può trovarsi se non in quelle merci le quali siano comunemente in contrattazione. Le altre merci rare e di minor uso necessariamente debbono avere un prezzo più arbitrario, e variabile, dipendente dall'opinione di pochi, senza il contrasto d'un libero mercato, in cui cozzino in gran numero i reciprochi interessi degli uomini per livellarsi.
      Quali sono dunque gli elementi che formano il prezzo? Non è certamente la sola utilità che lo costituisca. Per convincerci di questo, basta il riflettere che l'acqua, l'aria, e la luce del sole non hanno prezzo alcuno, eppure niun'altra cosa ci è più utile, anzi necessaria quanto lo sono queste. Le cose tutte le quali comunemente si possono avere non hanno prezzo alcuno, onde la sola utilità d'una cosa non basta a darle prezzo.
      Nemmeno la sola rarità d'una merce basta a darle prezzo. Una medaglia, un cammeo antico, una curiosità d'istoria naturale, e simili oggetti, benchè fossero rarissimi e di sommo valore presso alcuni, o curiosi, o amatori, pure nel mercato troverebbero comunemente poco, o nessun prezzo.
      L'abbondanza d'una merce influisce sul di lei prezzo; ma per nome d'abbondanza non intendo la assoluta quantità di essa esistente, ma bensì la quantità delle offerte che se ne fanno nella vendita. Ogni quantità di merce occultata alla contrattazione non entra a influire nel prezzo, ed è come non esistente. Le offerte possibili non produrranno che una abbondanza possibile.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308