Per fare esattamente il calcolo del valore fra due società incomunicanti per distanza di luogo, o di tempo, converrebbe avere una terza quantità inalterabile a cui paragonarli come la inalterabile estensione del braccio e la gravità costante dell'oncia trasportate e paragonate daranno il mezzo per calcolare i veri rapporti fra due altezze o due pesi distanti; ma questa quantità inalterabile per paragonare i valori non vi è, nè è possibile che vi sia; perchè il denaro istesso sebbene sia merce universale è ora di maggiore ed ora di valor minore, e perciò è incapace di servir di misura. I pramatici stabilirono il principio che il valore del denaro dipendesse dall'impronto Sovrano ch'ei porta, e che il Principe fosse arbitro nell'assegnare il valore; e dato un tal principio chi debba redimire un capitale ricevuto ne' secoli passati non è tenuto se non a sborsare un numero di lire eguale a quello che fu allora pagato; la conseguenza è ben derivata, ma da un falso principio. Si dimostrò che il valore del denaro dipende dal valore del metallo e che l'impronto è un semplice attestato del peso e della purità di esso, e da questo principio vero se ne derivò la conseguenza che per restituire un capitale ricevuto ne' secoli trasandati si debbano pagare tante once d'argento quante ne furono allora consegnate; conseguenza che suppone una costanza nel valore del metallo che non si trova realmente. Finalmente vi fu chi tentò d'accostarsi a un calcolo più esatto e ciò paragonando il prezzo delle merci più comuni al vitto degli uomini ne' due tempi distanti, e fissando una somma media in ciascuna epoca; indi calcolossi quante once d'argento debbansi oggi portare al mercato per acquistare le derrate che nell'epoca dell'imprestito si compravano colla somma ricevuta; e questo è il metodo che più s'approssima alla esattezza.
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Sovrano Principe
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