Risguardisi la sola agricoltura di cui trattiamo. Sintanto che in uno Stato vi saranno dei pezzi di terreno non ancora coltivati, che vi saranno dei fondi comunali, che vi saranno dei prati e pascoli, capaci d'una coltura che renda maggior valore per alimentare un più gran numero di uomini, si deve dire che ancora resti molto da fare per i progressi dell'agricoltura. Non vi è terra che coll'opera dell'uomo non si renda feconda. Di nessuna parte d'Europa può adunque dirsi che ivi l'agricoltura sia giunta al suo colmo. Converrebbe acciocchè questo fosse, che tutte le brughiere fossero ridotte a coltura e così tutt'i fondi comunali fossero coltivati dalla mano dell'uomo; che vi fossero prati e pascoli ma solo quanto è necessario per mantenere gli animali che cooperano all'agricoltura medesima, e corrispondono alle consumazioni degli abitanti. Il numero degli animali eccedente questo limite, e che si nudriscono per servire di materia prima alle manifatture sono una sensibile diminuzione del popolo, poichè quanto più numero di bestie alimenta uno Stato, tanto minor numero d'uomini può alimentare.
A provare che l'Agricoltura fosse al colmo in uno Stato si credette che fosse un argomento l'avere ribassati gl'interessi de' banchi pubblici ed essere stati ricercati i capitali da pochi. Dunque è segno, dicesi, che nell'agricoltura non vi sia più mezzo da fare impiego de' capitali; dunque ella è giunta al colmo. Per conoscere la spiegazione d'un tal fenomeno basterà riflettere che gli utili che si potrebbero avere dall'agricoltura suppongono la massima libertà del Commercio delle derrate; che vi vuole una energia non volgare per intraprendere d'accrescere il valore de' fondi terrieri; che l'indolenza umana fa che si preferisca un utile minore ma agiato, a un maggiore che richiede inquietudine, e occupazione; che dove l'attività non sia universalmente in fermento, pochi uomini osano slanciarli sopra il livello comune.
| |
Stato Europa Stato Agricoltura Stato Commercio
|