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      Forse la divergenza di questi due principj è la vera misura della corruzione d'un popolo. Ma queste idee, secondate che fossero, troppo mi porterebbero lontano dal mio argomento.
      Sarebbe pure cosa disparata dal mio soggetto s'io volessi considerare il tributo come una legittima porzione depositata nell'erario. Altri vi sono che hanno portata la luce su di questa materia. L'instituto di quest'opera mi richiama a contemplare il tributo unicamente come un oggetto che ha relazione ed influenza sulla circolazione, sulla riproduzione annua, sull'industria, e sulla prosperità dello Stato,
     
     
     
      §. XXX.
      Principj per regolare il Tributo
     
      Una nazione decaderà per colpa del tributo in due casi. Primo caso, quando la quantità del tributo eccederà le forze della nazione, e non sarà proporzionata alla ricchezza universale. Secondo caso, quando una quantità di tributo, la quale nella sua totalità è proporzionata alle forze, sia viziosamente distribuita. Nel primo caso il rimedio è solo, e semplice, cioè proporzionare il peso alla robustezza della nazione. Il secondo caso è assai variabile, e inviluppato. Cerchiamo di mettere a luogo le idee, e comprendere in capi tutti i casi particolari.
      Il tributo è viziosamente ripartito quando immediatamente piomba sopra una classe di Cittadini dei più deboli dello Stato, ovvero quando nella percezione vi sia abuso, ovvero quando impedisca la circolazione, la esportazione, lo sviluppamento dell'industria, in una parola quando renda difficili quelle azioni per le quali s'accresce la riproduzione annua.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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