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      La tariffa dovrebbe secondar l'uso della negoziazione e tassare su quella misura sulla quale si fanno comunemente i contratti. A stima di valore si dovrebbero tassare quelle merci che nella contrattazione, nè si pesano, nè si misurano; poiche in quel genere di merci vi è somma differenza nel valor capitale anche fra due cose che avranno lo stesso nome. Ogni trasporto interno dovrebbe poi essere libero pienamente, e il tributo dovrebbe esser uniforme in ogni parte dello Stato sulla merce medesima. Così la totalità del tributo sarebbe portata da tutti i fondi stabili, e da tutte le merci cadenti nel Commercio esterno; dal che verrebbero i commercianti a sollevare in parte i pesi dell'agricoltura; si lascerebbero neutrali i possessori della merce universale d'impiegarla in aumento dell'annua riproduzione, o nell'agricoltura, o nelle manifatture; e si sarebbe posto il censo su tutt'i possessori censibili.
      È stato propodo il quesito se qualora tutte le nazioni si accordassero ad abolire il tributo sulle merci, cosicchè liberamente e senza verun carico ogni merce potesse entrare o uscire in uno Stato, se, dico, questa operazione sarebbe universalmente giovevole, ovvero quali effetti produrrebbe. Se questo accordo fra le potenze d'Europa fosse sperabile è molto facile il prevedere quali ne sarebbero le conseguenze; cioè le medesime che nascono in uno Stato, togliendogli i tributi sulla interna circolazione. Si accosterebbero le nazioni fra di loro; si moltiplieherebbero i contratti; l'industria generalmente e l'annua riproduzione si rianimerebbero per tutta l'Europa; gli uomini goderebbero di comodi maggiori; ma la potenza degli stati cioè la relazione che ha uno stato coll'altro resterebbe la medesima.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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