Risultò adunque la diceria seguente:
Circa al principio del mese di maggio il cavaliere di Padilla vicino alla chiesa di S. Lorenzo parlò al barbiere Giacomo Mora, ordinandogli che facesse un unto da applicare ai muri e porte onde risultasse la morte delle persone, assicurandolo che danari non ne sarebbero mancati, e non temesse, perché "avrebbe trovato molti compagni". Indi altra volta, pochi giorni dopo, gli diede delle dobble perché ungesse, e vi era presente un gentiluomo, Crivelli; e il trattato fu fatto da certo D. Pietro di Saragozza; indi il barbiere allora fu avvisato che i banchieri Giulio Sanguinetti e Gerolamo Turcone avevano ordine di somministrare tutto il danaro occorrente a chiunque andava da essi in nome di D. Giovanni di Padilla. Carlo Vedano poi maestro di scherma fu il mezzano per indurre Gian-Stefano Baruello a fare di queste unzioni, e condusse il Baruello sulla piazza del castello, ove ritrovavansi Pietro Francesco Fontana, Michele Tamburino, un prete e due altri vestiti alla francese, ove dal cavaliere furongli dati dei danari, perché il Baruello ungesse e facesse parimenti ungere le forbici delle donne da Gerolamo Foresaro, e gli consegnò un vaso di vetro quadrato dicendogli: "Questo è un vaso d'unguento di quello che si fabbrica in Milano, ed ho a centinaia de' gentiluomini che mi fanno questi servizj, e questo vaso non è perfetto"; quindi gli ordinò di prendere de' rospi, delle lucertole ecc., e farle bollire nel vino bianco e mischiare tutto insieme.
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