Riepilogando tutto lo sgraziato ammasso delle cose sin qui riferite, ogni uomo ragionevole conoscerà, che fu immenso il disastro che rovinò in quell'epoca infelicissima i nostri maggiori, e che quest'ammasso crudele di miserie nacque tutto dall'ignoranza e dalla sicurezza ne' loro errori, che formò il carattere de' nostri avi. Somma spensieratezza nel lasciare indolentemente entrare nella patria la pestilenza; somma stolidità nel ricusare la credenza ai fatti, nel ricusare l'esame di un avvenimento cosi interessante; somma superstizione nell'esigere dal cielo un miracolo, acciocché non si accrescesse il male contagioso coll'affollare unitamente il popolo; somma crudeltà e ignoranza nel distruggere gl'innocenti cittadini, lacerarli e tormentarli con infernali dolori per espiare un delitto sognato. Insomma la proscritta verità in nessun conto poté manifestarsi; i latrati della superstizione e l'insolente ignoranza la costrinsero a rimanersene celata. Per tutto il passato secolo si risentì in questo infelicissimo stato la enorme scossa di quella pestilenza. Le campagne mancarono di agricoltori; le arti e i mestieri si annientarono; e fors'anche al giorno d'oggi abbiamo de' terreni incolti, che prima di quell'esterminio fruttavano a coltura. Si avvilì il restante del popolo nella desolazione in cui giacque; poco rimase delle antiche ricchezze, e non si citerà una casa fabbricata per cinquant'anni dopo la pestilenza, che non sia meschina. I nobili s'inselvatichirono; ciascuno vivendo in una società molto angusta di parenti, si risguardò come isolato nella sua patria; e non si ripigliarono i costumi sociali, che erano tanto splendidi e giocondi prima di tale sciagura, se non appena al principio del secolo presente.
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