Tale è la natura dell'uomo che superato il ribrezzo de' mali altrui e soffocato il benefico germe della compassione, inferocisce e giubila della propria superiorità nello spettacolo della infelicità altrui; di che ne serve d'esempio anche il furore de' Romani per i gladiatori. Veggasi lo stesso Farinaccio, ove dà il ricordo al giudice di moderarsi ed astenersi dal tormentare il reo colle sue proprie mani; e cita chi vide un pretore, che prendeva il carcerato pe' capelli e gli orecchi, e fortemente lo faceva cozzare contro di una colonna, dicendogli: "ribaldo, confessa"; cosi egli: abstineat etiam judex se ab eo quod aliqui judices facere solent, videlicet a torquendo reos cum propriis manibus... Refert Paris de Puteo se vidisse quemdam potestatem, qui capiebat reum per capillos, vel per aures, dando caput ipsius fortiter ad columnam, dicendo: confitearis et dicas veritatem, ribalde [si astenga il giudice da ciò che alcuni giudici sogliono fare, dal torturare cioè gli imputati con le proprie mani... Paride del Pozzo riferisce d'aver egli stesso visto un giudice che afferrava il reo per i capelli, per le orecchie e, battendogli la testa contro una colonna, diceva: confessa, ribaldo, di' la verità]. Il celebre Bartolo di se stesso ci significa, come gli accadde di rovinare un giovine robusto uccidendolo colla tortura; quindi ne deduce che non mai si debba imputare al giudice un simile accidente. Hoc incidit mihi, quia dum viderem juvenem robustum, torsi illum et statim fere mortuus est; e con tale indifferenza racconta il fatto atroce quel freddissimo dottore.
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