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      Mi rimane finalmente da provare, che quand'anche la tortura fosse un mezzo per iscoprire la verità dei delitti, sarebbe un mezzo intrinsecamente ingiusto. Credo assai facile il dimostrarlo. Comincierò col dire che le parole di "sospetti, indizj, semi-prove, semi-plene, quasi-prove ecc.", e simili barbare distinzioni e sottigliezze, non possono giammai mutare la natura delle cose. Possono elleno bensì spargere delle tenebre ed offuscare le menti incaute; ma debbesi sempre ridurne la questione a questo punto, il delitto è certo, ovvero solamente probabile. Se è certo il delitto, i tormenti sono inutili, e la tortura è superfluamente data, quando anche fosse un mezzo per rintracciare la verità, giacché presso di noi un reo si condanna, benché negativo. La tortura dunque in questo caso sarebbe ingiusta, perché non è giusta cosa il fare un male, e un male gravissimo ad un uomo superfluamente. Se il delitto poi è solamente probabile, qualunque sia il vocabolo col quale i dottori distinguano il grado di probabilità difficile assai a misurarsi, egli è evidente che sarà possibile che il probabilmente reo in fatti sia innocente; allora è somma ingiustizia l'esporre un sicuro scempio e ad un crudelissimo tormento un uomo, che forse è innocente; e il porre un uomo innocente fra que' strazj e miserie tanto è più ingiusto quanto che fassi colla forza pubblica istessa confidata ai giudici per difendere l'innocente dagli oltraggi. La forza di quest'antichissimo ragionamento hanno cercato i partigiani della tortura di eluderla con varie cavillose distinzioni le quali tutte si riducono a un sofisma, poiché fra l'essere e il non essere non vi è punto di mezzo, e laddove il delitto cessa di essere certo, ivi precisamente comincia la possibilità della innocenza.


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Osservazioni sulla tortura
di Pietro Verri
1804 pagine 93