Gli si pone in faccia il motivo per cui si sospetta reo; gli accusatori gli si pongono davanti, se ve ne sono. Se gli cerca ragione o discolpa: e così facilmente, e per una via più chiara, placida e regolare si termina ogni processo. Così si fa ne' processi militari, e così si pratica nei due reggimenti milanesi composti certamente di soldati, i quali non sono scelti né fra i più virtuosi né fra i più semplici del popolo; e i delitti celeremente sono puniti, e vi è una fondata idea della rettitudine de' giudizj ne' consiglj militari.
Come mai, dicono gli apologisti della tortura, come mai indurremo un reo a palesare i complici senza il mezzo della tortura? Tutte queste obbiezioni sono in fatti una perenne supposizione di quello che è il soggetto appunto della questione. Si suppone che la tortura sia un mezzo per rintracciare la verità. Ma anche prescindendo da questo si risponde, che un uomo che accusa se medesimo non avrà difficoltà di nominare ordinariamente i complici; che un uomo che nega il delitto, non li può nominare senza accusare se stesso; che finalmente per volere saper tutto e scrivere tutta la serie della vita di un uomo e de' delitti che ha commessi o veduti commettere, ordinariamente si riempiono le prigioni di tanti disgraziati, e si vanno protraendo a somma lentezza i processi. È men male l'ignorare un complice e il punire sollecitamente un reo, di quello che sia, dopo averlo lasciato languire nello squallore del carcere per mesi ed anni, punire più uomini di un delitto, di cui nessuno ha più memoria: cosicché altro non vede il popolo, che la isolata atrocità che eseguisce solennemente il carnefice.
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