Non abbiamo nel nostro paese monumento che ci assicuri essere vissuta alcuna nazione colta entro di esso prima d'Augusto. Negli scavi che sinora si sono fatti sotto Milano e la adiacente campagna non si è trovata statua alcuna, scultura, iscrizione o lavoro qualunque di metallo o di creta, che in qualsivoglia guisa ci dia indizio che prima dell'èra volgare gli abitanti dell'Insubria conoscessero le arti. Non abbiamo libro alcuno scritto in Italia, di cui l'autore non sia vissuto più secoli dopo l'epoca in cui si dice fondata la città nostra. Livio stesso non indica di aver conosciuto carte, iscrizioni, monete o altri documenti che siano giunti intatti alle sue mani, anzi nulla più dice, che haec accepimus, ovvero traditur; l'asserzione perciò di Livio tutt'al più ci farà credere che l'opinione de' Galli Cisalpini, mentr'ei scriveva, fosse che la città di Milano avesse per fondatore certo antico Belloveso, e che tale opinione dai rozzi ed agresti loro antenati, per molte generazioni, fosse discesa alla generazione allora vivente.
Si può dunque ragionevolmente dubitare se Belloveso sia stato il fondatore di Milano: si può anche ragionevolmente dubitare se Milano abbia avuto un fondatore, cioè un capitano, un principe il quale, avendo il disegno di creare una città, abbia collocato una popolazione nel sito ove sta Milano. La ragione di questa dubitazione nasce dall'osservare che le città quasi tutte, e nella Lombardia e nell'Italia, sono collocate alle rive d'un lago, alle sponde d'un fiume, al lido del mare; e i luoghi muniti e forti si sono piantati anche lontani dall'acqua, ma in siti elevati e di accesso difficile.
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