I lettori un giorno giudicheranno se quel compendio della storia d'Italia sia stato annunciato da me con parzialità, e se l'autore medesimo, che gli ha fatti piangere colla Pantea, gli ha fatti fremere colla Congiura di Galeazzo Sforza, e gli ha occupati colla placida e sensibile narrazione di Saffo, abbia saputo dipingere al vivo il carattere de' secoli, e lo stato della felicità e della coltura degl'Italiani da Romolo fino a noi. Per quanto sieno stretti i vincoli del sangue, e più quei d'una cara amicizia che mi legano a lui, io non posso dimenticare di rendere un tributo al merito ed ai servigi ch'egli ha preparati al pubblico. La storia d'Italia adunque dirà di più; e così, io della dinastia de' Goti dirò unicamente, che sembrò riconoscessero il regno d'Italia come un beneficio dell'imperatore, al quale lasciarono l'apparenza della eminente sovranità: il che si scorge anche oggidì nelle monete gotiche, sulle quali vedesi impressa l'immagine degli augusti colle loro iscrizioni, e unicamente dall'opposta parte il nome del re d'Italia senza immagine. Sin che durò la dominazione de' Goti, si vede che le città considerate nell'Italia erano Roma, Napoli, Pavia, Ravenna, Verona, Brescia, non mai Milano, di cui non v'è menzione, fuorché per la rovina accaduta sotto Vitige, l'anno funestissimo 538. L'imperatore Giustiniano mal soffriva che le province del Romano impero fossero invase da' popoli barbari. Amava la gloria, e la cercò co' pubblici edifici, col codice delle leggi, e coll'attività de' suoi generali Belisario e Narsete.
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