mente dell'Impero, se non vi fossero stati in Pavia i Goti. Pavia era già una città forte, e gl'imperiali non erano né in numero da poterla sorprendere, né scortati da macchine sufficienti ad assediarla e impadronirsene. Milano, Novara, Como e Bergamo si unirono a Mondila. Vitige spedì a questa vòlta un buon numero de' suoi, guidati da Uraja di lui nipote. Le corrispondenze che passavano fra il re goto e gli abitatori delle Alpi, oggidì chiamati Svizzeri, e allora Borgognoni (poiché l'antica Borgogna si estendeva persino su quelle parti) fecero che un'armata di Borgognoni contemporaneamente scendesse dalle Alpi su di questa pianura; e i Goti, uniti a questi terribili alleati, acquistarono una forza preponderante. Forse alcune rivalità insorte fra i due generali dell'Imperio, Belisario e Narsete, recentemente mandato in Italia, si combinarono a desolare Milano; nessun soccorso vi si innoltrò; scomparvero Mondila e i suoi; e dai Goti e dai Borgognoni venne non solamente atterrato il poco che aveva lasciato Attila, ma furono trucidati trecentomila abitanti, senza riguardo alcuno alla età; e le donne giovani furono regalate ai vincitori, singolarmente ai Borgognoni. Vi è chi in questo racconto, che ci viene da Procopio35, crede di trovare una esagerazione, e limita l'eccidio a trentamila abitanti, e non più, considerando la inverosimiglianza di supporre una così grande popolazione in una città di giro angusto, e già da Attila diroccata e incenerita. Io però non oserei di accusare l'inesattezza di Procopio, che, sebbene scrivesse lontano da noi, scriveva però avvenimenti de' tempi suoi, e avvenimenti che alla corte di Costantinopoli dovevano essere esattamente palesi.
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