In quei tempi non era cosa insolita il veder dei vescovi nelle armate: merita però riflessione il fatto di Ariberto, che tanta forza e autorità si era acquistata da potere da sé fare la guerra127. I Pavesi e i Lodigiani, così, diventarono nemici dei Milanesi.
(1028). Un fatto accaduto circa questo tempo, cioè nel 1028, merita di essere riferito; perché ci dà idea de' tempi e del carattere di Ariberto. S'era sparsa voce che nel castello di Monforte, nella diocesi di Asti, vi fosse celata una nuova setta di eretici. Glabro dice che questa eresia approvava i riti de' pagani e de' giudei128, quasi che fossero componibili i due riti dell'unità di Dio e del politeismo, della detestazione e del culto degli idoli. Landolfo il Vecchio dice che, interrogati questi eretici, rispondevano di essere pronti ad ogni patimento; che amavano la virginità, e vivevano castamente sino colle loro mogli; non mangiavano mai carne; digiunavano, e si distribuivano le orazioni in guisa che nessuna ora del giorno vi fosse in cui non offrissero a Dio le loro preghiere; che avevano i loro beni in comune; credevano nel Padre, nel Figliuolo e nello Spirito Santo; tenevano che vi fosse una podestà in terra di legare e di sciogliere; e riverivano i libri del nuovo e del vecchio Testamento, i sacri canoni. Così essi professavano la loro fede129. Molti marchesi e vescovi e signori erano comparsi colle armi, per sottomettere quel castello di Monforte, ma inutilmente. L'arcivescovo Ariberto, girando, per la sua giurisdizione, sulle diocesi de' vescovi suoi suffraganei, scortato da militi valorosissimi130, sebbene ascoltasse da Gaiardo, uno de' pretesi eretici, la professione di fede nella maniera che ho detto, credette di penetrare la malignità di quelle espressioni.
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