Tutti i tentativi dell'imperatore riuscirono vani; ei poté devastare i campi e le ville: ma dovette abbandonare il pensiero di avere Milano. La collera dell'imperatore scelse allora un'altra specie di guerra. Pensò egli di deporre l'arcivescovo Ariberto, e nominò Ambrogio prete, cardinale della santa chiesa milanese, in sua vece: forse credendo che alla città medesima, stanca per avventura della dominazione di Ariberto, piacer dovesse la nuova scelta; ma nessuno de' cittadini da questa novità fu commosso137. Vedendo riuscir vano il colpo, un altro ne rimaneva da provare, ed era di animare il sommo pontefice contro dell'arcivescovo; e Corrado perciò portossi a Roma, e indusse Benedetto XI a scomunicare Ariberto: ma nemmeno perciò l'arcivescovo cambiò punto pensiero o sistema138, e quindi Corrado il Salico abbandonò l'Italia, e nella Germania poco dopo cessò di vivere nel 1039.
Rimase così quasi sovrano Ariberto alla testa della sua città. Enrico, figlio di Corrado, era stato proclamato re di Germania. Ho accennato che, dopo l'infeudazione fatta da Ottone in Berengario e Adalberto, i re di Germania credevano che l'Italia fosse una parte della loro corona; e gl'Italiani diversamente credevano che il loro fosse un regno distinto, e che non si acquistasse se non colla proclamazione e incoronazione in Italia. Prima che non seguisse la incoronazione, le carte milanesi non facevano menzione alcuna del re. Il re Enrico fu poi imperatore, e fu il secondo che ne assumesse il titolo, e da noi perciò chiamasi Enrico II, sebbene gli oltramontani lo chiamino III. Enrico era lontano; e l'impazienza del carattere facendo sembrare noioso il tempo della tranquillità, disgraziatamente animò i Milanesi ad una guerra civile fra i nobili e la plebe.
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