Mentre egli era ammalato e vicino a morte, Uberto, fedele suo milite, mostravasi afflitto, e l'arcivescovo placidamente lo consolò dicendogli: io vado sicuro ai piedi di sant'Ambrogio, tuo e mio padre. Landolfo Seniore ci descrive la religiosa pietà del nostro Ariberto: Convocatis sacerdotibus et diaconis, summa cum devotione omnium peccatorum poenitentia accepta, atque confessione coram omnibus facta, atque absolutione a sacerdotibus per impositionem manuum, Spiritu Sancto cooperante, donata, Sanctam Eucharistiam humiliter ac devote suscepit,139 e poco dopo morì; uomo che nel carattere ebbe molta grandezza; buon soldato, buon principe; aveva i costumi e la religione de' suoi tempi; egli nacque opportunamente per la sua gloria e per rianimare la sua patria, che dall'epoca sua può contare il vero suo risorgimento.
L'arcivescovo Ariberto, le di cui armi portarono la vittoria oltre le Alpi, e seppero fare insuperabile resistenza all'imperatore, fu quello che inventò l'uso di condurre nell'armata il carroccio, nome conosciutissimo, sebbene poco ne sia conosciuto l'oggetto. I nostri scrittori ci rappresentano questo carroccio come una superstizione, ovvero come una barbara insegna. Io credo che piuttosto debba riguardarsi come una invenzione militare assai giudiziosa, posta la maniera di combattere di que' tempi. Nel tempo in cui dura un'azione, egli è sommamente importante il sapere dove si trovi il comandante, acciocché colla maggior prestezza a lui si possa riferire ogni avvenimento parziale; egli è parimenti opportunissimo il sapere dove precisamente si trovino i chirurgi, per ivi trasportare i feriti; parimenti è necessario che il sito in cui trovasi il comandante, e in cui si radunano i feriti, sia conosciuto da ognuno, acciocché si abbia una cura speciale di accorrere a difenderlo.
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