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      Niente di questo eravi nella informe costituzione nascente di Milano. L'autorità de' magnati non aveva l'augusto appoggio delle leggi, e il loro costume, violento e duro, insultava il popolo, e lo indisponeva ad obbedire ad un'autorità incautamente adoperata. Morto appena il grande Ariberto si rinnovarono i partiti, e cominciò la plebe a pretendere di avere essa pure influenza nell'elezione dell'arcivescovo, dignità diventata assai più politica che spirituale140. Non fu possibile di terminare la controversia fra di noi; l'ostinazione era insuperabile, e quindi fu risoluto di ricorrere al re Enrico, e lasciare a lui la nomina del nuovo arcivescovo. Vennero adunque presentati al re i nomi di quattro cardinali della santa chiesa milanese, acciocché ne facesse la scelta. Ma il re profittò dell'occasione e nominò arcivescovo certo Guidone, Milanese bensì, ma uomo ignobile, e conseguentemente che non era del ceto de' cardinali ordinari: e così collocò sull'importante sede metropolitana una sua creatura, interamente da lui dipendente; si affezionò il partito de' plebei, abbassò i magnati, e si aprì la strada per essere più padrone del regno d'Italia, che non poté esserlo il di lui padre Corrado. Vi volle tutta l'astuzia di Guidone, tutto il timore che si aveva del re Enrico, e molto denaro per ottenere che fosse consacrato il nuovo arcivescovo141. Il partito de' nobili fu talmente offeso nel vedere collocato un plebeo a loro dispetto sulla sede arcivescovile, che in un giorno solenne l'indecenza fu portata a segno di piantare abbandonato solo all'altare il nuovo arcivescovo, essendosi sottratti i cardinali in mezzo della sacra funzione, come ci attesta Landolfo Seniore.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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