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      L'animosità di deprimere la chiesa ambrosiana era allora tale in Roma, che nemmeno più si volle permetter dal papa che i monaci di Monte Cassino usassero del canto ambrosiano, che è il più antico della chiesa latina; e venne ordinato che introducessero un nuovo canto186. I due legati partirono, lasciando la città immersa più che mai nella discordia. Arialdo era ritornato. Varii rimproveri gli furono detti pubblicamente. Un sacerdote così lo apostrofò: Numquid tu solus per execrabilem Pataliam, et quamplurima sacramenta prava et detestabilia, populi flammam, quae impetu ut mare versatur, super nos accendis?187. Da altro ecclesiastico distino era stato così ripreso: Dum hujus inauditae Pataliae placitum cogitasti commovere, qualiscumque intentionis esses, ab aliquo religioso viro prius multis cum jejuniis debuisses consiliari188. La voce patalia era quella colla quale si qualificava una dottrina nuova e discordante dalla opinione ortodossa; e coloro che sostenevano opinioni riprovabili chiamavansi patalini, patarini o catari, come oggidì chiamansi novatori. Così i due partiti, protestando ciascuno di sostenere l'ortodossia, vicendevolmente accusavano gli avversari di prevaricare, e si ingiuriavano a vicenda co' nomi di nicolaiti e di patarini. Le risse, i saccheggi, i tumulti sempre continuavano, anzi andavano frattanto crescendo. Il partito d'Arialdo, rinvigorito dalla sentenza de' legati, s'ingrossò col numero de' plebei animati ad umiliare i nobili, e l'accanimento giunse a segno che molti nobili, non avendo più forza per sostenere i sacerdoti, dovettero allontanarsi dalla città, e ritrovarsi un asilo tranquillo nelle terre: Ast nobiles urbis, quorum virtute sacerdotes paulo ante tuebantur, nimia ira et indignatione commoti, alii urbem exiebant, alii ut procellosae calamitati finem imponerent, tempus expectabant189. Abbandonati così gli ecclesiastici, il partito della plebe si era unito ad Arialdo; ed è facile l'immaginarsi quale doveva essere lo stato civile e religioso di Milano in quel tempo del quale, e del potere d'Arialdo allora, e del suo partito, dice lo storico nostro Tristano Calchi, che era forte: Fere cunctorum civium concursu, qui clericorum probra libenter audiebant: alii inopia, vel aere alieno pressi, et spem omnem in praeda et rapinis locantes, nihil minus quam pacem et civitatis concordiam optabant190.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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