La sedizione era giunta al colmo, e il partito fomentato da Ildebrando aveva depresso gli avversari. Era giunto il momento opportuno per assoggettare la chiesa di Milano. Se i primi legati, incontrato l'ostacolo de' nobili e de' fautori del clero, ancora capace di sostenersi (per lo che non senza pericolo dimorarono in Milano) prontamente se ne partirono, condannando, siccome dissi, l'arcivescovo; ora la venuta de' legati doveva essere più sicura, e la loro commissione più facile ad eseguirsi. Ciò non ostante non trovò a proposito di venirvi il cardinale Ildebrando. Furono destinati a quest'ufficio nuovamente Anselmo da Baggio, vescovo di Lucca (il primo autore, come si disse, del partito) e gli si assegnò per compagno il vescovo d'Ostia, Pietro di Damiano, che è conosciuto col nome di san Pier Damiano. Questa nuova legazione accadde l'anno 1059. Sebbene però Ildebrando non venisse ad eseguire l'impresa, egli interamente la diresse, come ce ne fanno fede le lettere di san Pier Damiano a lui indirizzate su di questa negoziazione. Non si potevano trascegliere due legati più opportuni per ottenere l'intento. Il primo cospicuo nostro cittadino, appoggiato a' parenti ed a clientele; l'altro, eloquente, dotto e d'una pietà celebratissitna. Non perciò fu la cosa senza qualche difficoltà, e questa la ritroviamo in una delle lettere scritte da san Pier Damiano al cardinale Ildebrando: Factione clericorum repente in populo murmur exoritur. Non debere ambrosianam ecclesiam romanis legibus subjacere, nullumque judicandi, vel disponendi jus romano pontifici in illa sede competere.
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