Secondariamente, per i maneggi della contessa Matilde, ligia e mossa in tutto da Gregorio VII, Milano si ribellò al re Enrico III, che allora era imperatore, per quei mezzi istessi pe' quali se gli ribellò Corrado II, di lui figlio; e così Milano, spontaneamente e quasi per stanchezza di resistere, dopo trentatré anni di guerra, si rese soggetta a Roma, e l'arcivescovo divenne semplicemente il vicario del sommo pontefice. Se alla fine del capitolo primo indicai con quali riguardi i sommi pontefici trattavano nelle loro lettere gli arcivescovi di Milano, ora non potrò più riferire che scrivessero: Reverendissimo et sanctissimo confratri229, ma dirò che Urbano II, nel 1093, scriveva: Discretioni nostrae videtur quatenus, secundum praecepti nostri tenorem... facias230. Vero è che non per ciò immediatamente la creazione dell'arcivescovo poté appropriarsela il papa; per qualche tempo durò un resto di libertà nell'elezione. Ma i papi cominciarono a deviare dalla consacrazione de' suffraganei; e l'anno 1095, Urbano II volle che il nuovo arcivescovo Arnolfo venisse consacrato dall'arcivescovo di Salisburgo, dal vescovo di Passavia e dal vescovo di Costanza. S'introdusse il rito che l'arcivescovo non portasse il pallio, se non ricevuto che l'avesse dal papa. In appresso si volle che dovesse portarsi il nuovo arcivescovo in Roma per ricevere il pallio e giurare obbedienza. Poi si sottrassero dalla giurisdizione dell'arcivescovo i monaci, i quali, sino allora, erano stati a lui soggetti, come tutti gli altri ecclesiastici.
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