Questa mutazione di stato della chiesa milanese rappresenta una serie crudele di partiti, tumulti, saccheggi, incendii, sacrilègi, profanazioni, orrori d'ogni sorta. Tutto fu opera d'Ildebrando, che tutto architettò e diresse. Se risguardiamo il fine di togliere dalla Chiesa gli abusi nelle elezioni, ci si diminuisce in parte il sentimento contrario ai mezzi usati. Se poi consideriamo Ildebrando da un altro canto, non possiamo ricusare la nostra stima al progetto che immaginò. Egli forse considerava l'Italia, un tempo signora, manomessa dai Goti, Vandali, Longobardi, Saraceni e Greci; divisa come ella era, doveva ubbidire ora ai Borgognoni, ora ai Provenzali, ora ai Bavari, ora ad altre straniere genti. Conveniva concentrare la forza d'Italia in un punto, ridurla ad uno stato unito per darle un'esistenza. Roma è la capitale; forza era adunque di assoggettare l'Italia a Roma, e così far fronte agli estranei. Il tempo era opportuno, per la debolezza di Enrico. La forza politica della Lombardia era principalmente collocata ne' vescovi: sottomessi questi, era formata la romana potenza. L'oggetto era grande. Ma egli è giusto e ragionevole l'avventurare il riposo e la sicurezza della generazione vivente, che ha un dritto attuale di esistere bene, colla speranza incerta di procurare la tranquillità alle generazioni che nasceranno? È egli ragionevole e giusto un tal sacrificio, quando anche fosse sicuro il bene che procuriamo ai successori? Gli uomini che hanno fatto parlar di loro la storia e ottennero il nome di grandi, non hanno mai esaminate bene simili questioni.
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