Così castigò Iddio i suoi delitti in vita262. I delitti di questo principe sono di non aver voluto rinunziare alle investiture de' vescovi, che avevano goduto i suoi antecessori. Le sue buone qualità furono la generosità, la giustizia e il valore. Non rapì l'altrui, non insidiò alcuno, non se gli rimprovera alcuna crudeltà. Egli comandava in persona la sua armata; si trovò in sessantasei battaglie, e le vinse tutte, eccetto quelle nelle quali fu tradito. Il di lui figlio Enrico, che poi fu il quarto imperatore di questo nome, venne in Italia nel 1110; pretese dalle città lombarde l'antica obbedienza; trovò degli ostacoli, poiché erano già avvezze a reggersi da sé. Novara, fra le altre, non fu docile, e il re Enrico la incendiò; così fece a varie altre castella e terre. L'infelice Enrico suo padre non adoperò il fuoco per sottomettere i popoli. Questa feroce maniera di guerreggiare mosse le altre città a cercare di guadagnarselo con denaro, con vasi d'oro e d'argento; ma la popolata e nobile città di Milano non gli fece regalo alcuno, né in verun conto gli badò, come ci attesta il monaco Donizzone, che in quei tempi scriveva le gesta della contessa Matilde con versi assai meschini:
Aurea vasa sibi nec non argentea misitPlurima cum multis urbs omnis denique nummis:
Nobilis urbs sola Mediolanum populosaNon servivit ei, nummum neque contulit aeris263.
Pareva che allora Milano ergesse già la testa sopra delle altre città del regno italico. Prestarono però i Milanesi assistenza ad Enrico, piuttosto come alleati, che come sudditi; e questa fu di molti armati che lo accompagnarono a Roma per ricevervi la corona imperiale.
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