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      I Milanesi frattanto, inquieti, avvezzi alle fazioni, diretti da magistrati la nuova autorità de' quali era incerta, mancanti di un sistema civile che organizzasse la città, privi d'un regolamento che assicurasse la vita e le sostanze del cittadino, avevano ottenuto piuttosto una turbolente indipendenza, anzi che la libertà. Convien dire che allora o non vi fosse uomo capace di progettare una costituzione, ovvero che non venisse ascoltato. Avevamo impiegati i primi impeti nostri a lacerarci vicendevolmente colle civili dissensioni; i secondi impeti furono adoperati per rovinare i vicini meno forti di noi. La città di Lodi fu distrutta da noi quasi sotto gli occhi dell'imperatore Enrico, che ritornava da Roma dopo la sua incoronazione: Mediolanenses quoque, cum iste imperator per Veronam a Roma in Germaniam properabat, gladiis et incendiis, diversisque instrumentis, funditus destruxerunt Laudem, in Langobardia civitatem alteram266. Un calendario antico, stampato nella raccolta Rerum Italicarum267, dice VII kal. (junii) MCXI capta est civitas Luadensis a Mediolanensibus (1111)268; e la cronica di Filippo da Castel Seprio dice: anno MCXI die VII ante kal. junii destructa est civitas Laudensis, et jacuit annis XLVIII269. Qual fosse il motivo che inducesse i Milanesi a simile crudeltà, non lo sappiamo. Il nostro Tristano Calchi così ne ragiona: De Laudis vero Pompejae eversione haud immerito prudens lector uberiora desideraverit: sed mecum transeat oportet, cujus in manus plura in eam rem, etsi diligenter perquisiverim, non venerunt.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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