I Romani ebbero due epoche di somma umiliazione; le Forche Caudine e l'invasione de' Galli. Noi avemmo Uraja e Federico. Gli autori di Germania di que' tempi ne fanno un eroe; i nostri ne fanno un tiranno. L'unico partito ch'io prendo sarà quello di appoggiare il mio racconto singolarmente agli autori tedeschi che scrivevano in que' tempi; e credere di Federico I tutto il bene che ne dicono i Milanesi, e tutto il male che ne dicono i Tedeschi. I primi autori che mi serviranno di guida, saranno Ottone, vescovo di Frisinga, figlio di Leopoldo Pio, marchese d'Austria, e zio paterno dello stesso imperatore Federico; il quale, come esercitato, quanto in que' tempi potevasi, nelle lettere latine, scrisse i fasti del nipote, da lui animato a farlo: l'altro sarà il canonico di Frisinga Radevico, il quale, per ordine dello stesso imperatore, continuò que' fasti dopo la morte del vescovo Ottone286. Ivi si legge la lettera che l'imperatore diresse al vescovo suo zio, animandolo a scrivete e dandogli una traccia dei suoi fatti nell'Italia287; ivi pure si vede che il continuatore Radevico, dice di avere scritto per obbedienza al desiderio del defunto vescovo: Ejus jussu, pariteraque divi imperatoris Friderici nutu288. Sicuramente essi non hanno propensione per i Milanesi. Il terzo sarà il canonico di Praga Vincenzo, che accompagnò il suo vescovo in quella spedizione d'Italia, e fu presente alla maggior parte degli avvenimenti accaduti in Milano. La cronaca di Vincenzo fu data al pubblico per la prima volta nel 1764 dal padre Dobner, nel primo tomo dell'opera intitolata: Monumenta Historica Boemiae, stampata in Praga.
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