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      Non pose assedio, non attaccò le fortificazioni, non usò dell'impeto, ma con mezzi industriosi, e probabilmente colla seduzione del comandante, acquistò la città. Questo avvenimento pure ci mostra quanto imprudente sia stata la scelta del conte Guido, che i Milanesi vollero avere per loro generale. Si trovano, è vero, delle anime nobili, più sensibili alla gloria che a qualunque altro bene presente, capaci d'un generoso entusiasmo che faccia loro trovare il massimo interesse nelle azioni virtuose; ma furono sempre mai rare, e ne' secoli barbari singolarmente. In ogni tempo poi imprudentemente si pone un uomo nell'alternativa o di essere un eroe, o di sacrificarci. Se la capitolazione pose Milano nella dipendenza, però l'imperatore riconobbe nella città una esistenza civile con quest'atto medesimo, perché capitolò, e perché si obbligò a partirsene, e lasciò il reggimento della città ai consoli; né proibì ai Milanesi il governo della loro città, o la facoltà della pace e della guerra. Se la città fosse stata resa suddita, si sarebbe posto un conte a governarla a nome dell'imperatore, si sarebbe abolita la nuova magistratura de' consoli nata colla Repubblica; e si sarebbe espressamente proibito di contrarre mai più leghe o far guerre, come da un secolo e più s'andava facendo. L'articolo della zecca è pure meritevole di osservazione. Ho già accennato che di monete battute in Milano prima di Federico non ve ne sono, se non col nome dell'imperatore o re d'Italia; che le monete della Repubblica mancanti del nome del sovrano hanno l'immagine di sant'Ambrogio colla mitra, ornamento che prima di Federico non fu generalmente in uso.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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