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      L'espediente che prese Federico, fu di far legare alcuni prigionieri cremaschi e milanesi fra i più distinti, e con essi, coprendo il lato della Torre, che si presentava alla città assediata, farla così spingere da' suoi verso quelle mura. Così furono ridotti i Cremaschi alla scelta o di essere crudelmente i carnefici dei loro parenti ed amici, ovvero di sacrificare la patria loro. Difesero la patria, e lasciarono all'imperatore la macchia d'una inutile atrocità. Né questa fu la sola. I Cremaschi, usando del dritto di rappresaglia, uccisero sulle mura in faccia de' nemici alcuni prigionieri cremonesi e lodigiani: e l'imperatore fece tosto impiccare in faccia della città due prigionieri cremaschi; e questi piantarono sulle mura le forche, e vi appesero due altri prigionieri; finalmente l'imperatore fece condurre sotto le mura tutti i Milanesi e Cremaschi che aveva in suo potere, e dispose perché tutti fossero appiccati. Se non che alla preghiera dei vescovi si arrese, e si accontentò che ne fossero impiccati non più di quaranta. Il fatto ce lo racconta il Morena, ed io lo riferirò come lo espone Radevico, continuatore di Ottone Frisinghese. Egli comincia a incolpare i Cremaschi assediati, perché si difendessero con valore e facessero delle uscite coraggiosamente: In eruptionibus suis aut machinis flammas inire, aut turres destruere, aut lethali vulnere aliquos de nostris sauciare moliti sunt, nullumque specimen audaciae aut ostentationis fuit, quod illi futurorum ignari praetermitterent; et dum jam inclinata putaretur eorum superbia, de patratis facinoribus tumidi gloriabantur322. L'imperatore perciò, continua lo stesso autore a narrarci: Jubet ergo de captivis eorum vindictam accipere, eosque promuris jussit appendi323. Non credo che Cesare, quando assediava le città delle Gallie e della Germania, lasciasse ne' suoi fasti esempi tali.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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