Pagina (218/1182)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ancora cinque mesi era lontano il raccolto. Soccorso non se ne poteva ottenere da veruna parte; poiché le strade erano occupate dai nemici. Il popolo incessantemente tumultuava. La morte era il solo termine, e non lontano, che si prevedeva dover succedere alla fame. Esclamava il popolo volendo che la città si rendesse all'imperatore. Si opponevano i consoli; ancora volevano che non si disperasse, asserendo che il tempo partorisce talvolta inaspettate vicende, e procura soccorsi non preveduti. Ricordavano essi che l'armata imperiale, già da tre anni dimorante nell'Italia, non vi poteva più a lungo soggiornare, o per bisogni della Germania, o per la stanchezza de' principi: essere sempre aperto il disperato partito di assoggettarsi ad un monarca offeso e adiratissimo; del quale, nello stato in cui erano le cose, non era da sperarsi diminuito lo sdegno, quand'anche si accelerasse di qualche poco la dedizione; per modo che una più lunga resistenza riusciva in favore della città. Così allora dicevano i consoli, dei quali i nomi meritano di essere ricordati, Ottone Visconte, Amizone da Porta Romana, Anselmo da Mandello, Gottifredo Mainerio, Arderico Cassina, Anselmo dell'Orto, Aliprando Giudice, ed Arderico da Bonate. (1162) Ma l'intollerabile peso de' mali della carestia mosse il popolo, e la vita de' consoli fu in pericolo; per lo che si dovettero spedire immediatamente all'imperatore le condizioni della resa. Nessuna condizione volle ammettere il vincitore, e volle che ci rendessimo senza alcun patto, abbandonandoci alla clemenza sua.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





Italia Germania Ottone Visconte Amizone Porta Romana Anselmo Mandello Gottifredo Mainerio Arderico Cassina Anselmo Orto Aliprando Giudice Arderico Bonate