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      I Pavesi ancora erano imperiali; essi preferivano la condizione d'una reggia suddita a quella d'una città libera del second'ordine. Imperiale si dichiarava ancora pure il marchese di Monferrato, che vessava i popoli tortonesi con frequenti scorrerie sulle loro terre. Gli alleati trascelsero il sito ove il fiume Bórmida sbocca nel Tánaro, e vi piantarono una nuova città, che difendeva Tortona dagli attacchi del marchese; e, radunati in questa nuova città gli abitatori delle vicine terre, diederle il nome di Alessandria. Le nazioni barbare e le incivilite hanno fatte delle guerre e delle conquiste; le prime, distruggendo ogni cosa; le seconde, riparando i mali della guerra con monumenti che ricordano alle nazioni venture la loro grandezza. La Francia, l'Inghilterra, la Germania, l'Ungheria conservano ancora gli avanzi delle grandiose opere che a pubblica utilità vi lasciarono i Romani, un tempo loro padroni e loro benèfici legislatori e maestri. L'Egitto conserva ancora i monumenti della conquista di Alessandro. Gli uomini anche agresti, anche viziosi e corrotti, col disprezzo e coll'insulto non si migliorano né si uniscono a noi. L'uomo grande, posto a comandare un popolo, sa che è in sua mano l'imprimervi il carattere che vuole; e che il sublime dell'arte consiste nella scelta dei mezzi; ma l'ambizione dell'imperatore Federico non fu illuminata a questo segno.
      Il conte di Savoia, il marchese di Monferrato, i Pavesi stimolavano l'imperatore Federico perché venisse con un potente esercito nella Lombardia a distruggere la nuova lega.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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