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      L'azione fu tanto felice per i Milanesi, che tutta l'armata imperiale fu annientata. Molti rimasero sul campo. I fuggitivi, inseguiti sino alle sponde del Tesino, vi furono gettati e si affogarono. Il rimanente si rese, e vennero i prigionieri condotti in Milano. Fra i prigionieri si contarono il duca Bertoldo, un principe nipote dell'imperatore, e il fratello dell'arcivescovo di Colonia. La cassa militare venne acquistata dai Milanesi, e lo scudo e la lancia dell'imperatore, il quale ebbe fortunatamente occasione di salvarsi sconosciuto, e ricoverarsi a Pavia. Questo fatto rese celebre il giorno 29 di maggio 1176. I trattamenti usati da Federico co' suoi prigionieri non ci furono di norma, quando prospera avemmo la sorte delle armi; né alcuno degli scrittori tedeschi (tanto favorevoli a quell'augusto, e così poco inclinati a trovarci buoni) si lagna di abuso commesso da noi nella vittoria. Questa giornata terminò per sempre tutte le operazioni militari dell'imperatore Federico in Italia: il che prova che il fatto sia appunto accaduto quale minutamente ce lo descrivono Sire Raul e il calendario Sitoniano, non già come da alcuni scrittori tedeschi è stato rappresentato. Poiché se unicamente fosse stato l'imperatore, scortato da pochi, involto in una insidiosa sorpresa de' Milanesi, da cui colla fuga si sottraesse, questo avvenimento non avrebbegli fatto mutar parere, né pensare a dare la pace e la libertà alla Lombardia, che ostinatamente per lo spazio di dodici anni aveva cercato di assoggettare.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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