Prima di abbandonare l'argomento dell'imperatore Federico, io ricorderò alcuni tratti della di lui maniera di operare; acciò si formi un giudizio, e della umanità sua e de' principii della sua virtù; e questi li prenderò tutti da autori tedeschi e parziali suoi. Il primo documento sarà la lettera con cui l'imperatore istesso rende informato il vescovo di Frisinga Ottone, suo zio, de' suoi gesti nella prima spedizione in Lombardia, acciocché con essa avesse lo scrittore una traccia per tramandare ai posteri i fasti del suo regno; eccone alcuni pezzi: Dum ab eis, cioè dai Milanesi, dice l'imperatore, mercatum quaereremus, et ipsi nobis eum negarent, nobilissimum castrum eorum, Rosatum videlicet quod quingentos milites habebat, capi et incendio destrui fecimus... inde tria castra eorum fortissima, Minimam videlicet, Gailardam, et Trecam destruximus, et natale Domini cum maxima jucunditate celebrato... inde Chairam, maximam, et munitissimam villam, destruximus, et civitatem Astam incendio vastavimus... inde venimus Spoletum, et quia rebellis erat... vi cepimus, ignet videlicet et gladio, et infinitis spoliis acceptis, pluribus igne consumptis, funditus eam destruximus393. Questo è il modo col quale guerreggiavano i popoli barbari, convien pur dirlo. Perché Spoleti (che, sotto i Longobardi, ebbe i suoi duchi a parte, e che non era città della Lombardia) Federico la chiamasse ribelle, non lo so; il modo però col quale fu trattata ce lo dice Ottone Frinsingense: Civitas direptioni datur, et antequam asportari usui hominum profutura possent, a quodam apposito igne, concrematur.
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