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      Cives qui ferrum, flammamque effugere poterant, in vicinum montem seminudi, vitam tantum servantes, se recipiunt... postera die, eo quod ex adustione cadaverum totus in vicino corruptus aer intoterabilem generaret nidorem, ad proxima exercitum transtulit loca... donec igni residua in usus exercitus, non miserorum Spoletanorum, cederent spolia394. Nell'assedio di Tortona l'imperator Federico teneva le forche piantate a vista della città, e i prigionieri li faceva impiccare: ce lo racconta lo stesso Frisingense: Quicumque ex eis deprehensi fuissent, patibuli, quod in praesentiarum erectum cernebant, expectabant supplicium395; e quando prese Tortona, Civitas, primo direptioni exposita, excidio et flammae mox traditur396: così il Frisingense397. Il medesimo Ottone Frisingense ci riferisce per esteso freddamente un fatto atroce; e fa maraviglia come non si accorgesse, scrivendolo, che l'azione era obbrobriosa. Dice egli adunque che l'imperatore Federico, volendo passare un distretto alla Chiusa, dove un monte del Veronese è imminente all'Adige, ritornandosene in Germania, trovò il luogo occupato da molti armati, i quali gl'impedivano il passaggio. Dovette più volte in vano tentare di superarli; finalmente arrampicatisi a stento molti imperiali sulla parte opposta del monte, giunsero a dominare quegli armati ed a superarli. L'imperatore li prese; erano cinquecento, e tutti li condannò subito alle forche, trattone un d'essi, che palesò d'essere Francese, d'essere stato in quella compagnia, senza sapere di opporsi all'imperatore, e d'essere cavaliere e libero; e a questi donò la vita, obbligandolo a fare il carnefice dei suoi compagni.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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