Gl'imperatori Corrado IV, Guglielmo d'Olanda, Riccardo di Cornovaglia, Alfonso di Castiglia, Rodolfo di Habsburg, Adolfo di Nassau e Alberto I non ebbero che poca o nessuna parte negli avvenimenti di Milano, dove si ritornò a riconoscere l'autorità cesarea colla venuta di Enrico (sesto per gl'Italiani, ma comunemente chiamato settimo), che ascese alla dignità imperiale l'anno 1308. Frattanto la città viveva tra le fazioni, cercando al solito i nobili d'opprimere la plebe, e questa di contenere i nobili ed umiliarli. La forma civile della società era incerta, non fondata sopra costituzione alcuna. La libertà, i beni, la vita non avevano altra protezione che la forza o l'astuzia. Questo stato di vera guerra piuttosto che di repubblica, peggiore della stessa tirannia, rendeva insopportabile a ciascun cittadino la propria condizione. Il solo motivo per cui non si eleggeva un principe stabile, era la fiducia che hanno sempre i governi liberi, di correggere colla propria autorità i propri mali; ma frattanto per intervalli si eleggeva un dittatore. Si è già veduto nel capitolo precedente come Pagano della Torre dominasse col titolo di protettore del popolo; egli fu proclamato tre anni dopo l'affare dì Cortenova, cioè l'anno 1240. Si è pure accennata la nuova carica di anziano della Credenza, conferita dal popolo a Martino della Torre, nipote di Pagano, l'anno 1247. Così la città cominciava ad accostumarsi al governo d'un solo. Il disordine civile crebbe dappoi, e si dovette pensare ad eleggersi un sovrano potente, a fine di preservarci dagli insulti de' nemici vicini, e di contenere i mali delle civili dissensioni.
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