Guido non poté piegarsi mai alla dissimulazione, anche in tempo in cui il solo partito che gli rimaneva era quello.
Mentre Guido della Torre godeva d'una sovranità la più legittima di ogni altra, poiché spontaneamente offertagli dai voti pubblici, si preparava nella Germania la di lui rovina coll'elezione di Enrico di Lucemburgo, innalzato alla cesarea dignità. Guido, in mezzo alla prosperità, fece chiedere a Matteo Visconti come vivesse, e quando sperasse di riveder Milano. I due quesiti vennero fatti in nome di Guido a Matteo mentre passeggiava alle sponde dell'Adige; e la risposta fu precisa; come io viva lo vedi, passeggiando e adattandomi alla fortuna; per ritornare alla patria aspetto che i peccati de' Torriani sieno maggiori de' miei458: tale fu il riscontro ch'egli fece fare a Guido della Torre. Alcuni amici rimanevano ancora a Matteo, ma dispersi, abbattuti e proscritti. Fra questi merita distinta menzione Francesco da Garbagnate, milanese, esiliato per essere del partito di Matteo; uomo di studio, di età fresca e di ottime maniere. Viveva egli in Padova insegnando la giurisprudenza, e traendo da quest'esercizio il suo vitto. Ma poiché intese l'elezione accaduta in Germania di Enrico di Lucemburgo, annoiato egli della sua ristrettissima condizione, e probabilmente a ciò spinto da Matteo, vendette i suoi libri; e, col denaro che ne poté adunare, s'equipaggiò alla meglio, e passò in Germania, cercando stipendio sotto il nuovo imperatore. Il Garbagnate era un giovine colto, amabile, di felice aspetto, accorto, informato dello stato d'Italia, e probabilmente parlava la lingua tedesca.
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