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      Mentre questa tragedia si eseguì in Milano, Matteo Visconti e Galeazzo, di lui figlio, rappresentavano due scene in luoghi distinti. Matteo aveva comandato a Galeazzo di starsene in casa sino al di lui ritorno. Ma Galeazzo, appena fu il padre uscito, si armò, si pose a cavallo e si mostrò per le strade. Matteo Visconti, poiché vide sgombrati gl'imperiali dalla sua casa, si portò disarmato dal vescovo di Trento, cancelliere imperiale, e lo pregò di volerlo presentare al re; mentre non osava di presentarglisi solo nel momento in cui poteva ogni cittadino essere sospetto. Il vescovo fu compiacente; e la spontanea presenza del Visconti, i suoi ragionamenti, la relazione dello stato in cui venne sorpreso nella sua casa, persuasero il re che Matteo fosse innocente: e tutta la trama ricadde soltanto sopra i Torriani. Probabilmente, o non vi fu intrigo dalla parte di Matteo, ovvero fu concertato dal solo Galeazzo senza saputa del padre. Nel momento poi in cui scoppiò il tumulto, facilmente Matteo avrà conosciuto come fosse stata ordita la trama. Mi piace, se posso, senza mancare alla verità, di togliere quest'ingrata e bassa accusa alla memoria di un uomo la di cui vita non presenta azioni nere; e mi piace pure di non lasciare al buon re Enrico un inganno, per mercede della bontà del suo animo. Matteo da Enrico non aveva ricevuto se non beneficii. Per lui aveva riacquistati i beni e la patria. Per lui il sommo potere non era più fra le mani di Guido, suo nemico, da cui doveva temere nuovi danni se cessava il potere d'Enrico.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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