(1321) Poi nel 1321, il giorno 20 di febbraio, lo stesso papa Giovanni XXII, con sua bolla, pubblicata dal nostro conte Giulini479, condannò Matteo a pagare diecimila marche d'argento; nuovamente lo scomunicò, e lo dichiarò decaduto da tutt'i beni, feudi, onori, ragioni, ecc., e dice che così le sentenziava: Tum quia reatus sacrilegii cognitio et punitio ad ecclesiasticum forum spectat, tum etiam quia, vacante Imperio, sicut et nunc vacare dignoscitur, ad nos et apostolicam Sedem pertinet excedentium hujusmodi in Imperio existentium ausus comprimere, oppressionem tollere, ac lassis et oppressis justitiam ministrare480. Poco dopo andò più avanti il papa; scomunicò anche i figli di Matteo, pose all'interdetto le città possedute dai Visconti, ordinò agli inquisitori di processarlo, e il breve comincia così: Profanus hostis, et impius auctor immanis scelerum et culparum, Mathaeus Vicecomes de Mediolano, partium Lombardiae rabidus populator, etc.481. (1322) Gl'inquisitori citarono Matteo a doversi presentare al loro tribunale il giorno 25 febbraio 1322 in una nominata chiesa, presso Alessandria. Vi comparve il di lui figlio Marco, con grande comitiva di cavalli e fanti e bandiere spiegate. Gl'inquisitori si trasportarono a Valenza, ove condannarono Matteo, come reo di venticinque delitti, molti de' quali consistevano in avere Matteo imposto carichi anche al clero, ed avere esercitata giurisdizione sopra i beni, i corpi e le persone ecclesiastiche. Se gli faceva delitto perché avesse impedito che le chiese del Milanese pagassero tassa al cardinale legato ed alla camera apostolica.
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