In fatti Clemente VI mandò un ordine all'arcivescovo Giovanni, acciocché, entro lo spazio di quaranta giorni, dovesse restituire Bologna alla Santa Sede; minacciando in caso di contumacia di volerlo scomunicare, insieme ai nipoti suoi quanti erano, e porre all'interdetto tutti i popoli del suo dominio518. (1351) Giovanni non si cambiò per questo, né pensò di abbandonare Bologna; onde il giorno 21 di maggio dell'anno 1351 il papa scomunicò l'arcivescovo e i tre nipoti Matteo, Barnabò e Galeazzo, e pose l'interdetto su tutte le diciotto città dei Visconti519. Il Corio ci racconta come il pontefice, sdegnato contra di lui per la presa di Bologna, havendo questa città interdicta, li destinò un legato, il quale con somma humanità dal Presule fu ricevuto. Duoppo li expuose per parte del summo sacerdote che a Santa Chiesia volesse restituire Bologna, e che anche dil suo dominio una cosa facesse, e che il spirituale o che il temporale solo administrasse: la qual cosa intendendo Giovanne, respuose che la proxima domenica nel magiore templo de Milano li darebbe conveniente risposta, dove il deputato giorno convenendosi ogniuno, Giovanne con grande solennitate celebrò la messa, la quale essendo finita, in cospecto dil populo, il legato, secundo l'ordine dato un altra volta replicò l'ambasciata dil pontefice, onde dappoi il magnanimo arcivescovo evaginò una lucente spada quale haveva a lato, e da la mano sinistra pigliò una croce dicendo: questa è il mio spirituale, e la spada voglio che sia il temporale per la difesa di tutto il mio imperio; e non con altra risposta il legato tornando al pontefice referì quanto da lo arcivescovo Giovanne haveva havuto.
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