A noi rimase però la libertà di venderlo poi agli abitanti delle Alpi. Questo pregievole monumento ritrovasi in un antico codice MS. presso del signor marchese Giovanni Corrado Olivera, signore venerabile per l'integrità e beneficenza, più ancora che per i luminosi titoli e la presidenza del senato. Sono già più di quattro secoli e mezzo da che prendiamo i sali da Venezia, e li vendiamo agli Svizzeri e Grigioni. Al tempo di Luchino, la gabella del sale della città di Milano e del contado gli fruttava tremila fiorini d'oro539; presentemente se ne ricava cinquanta volte altrettanto. È vero che l'oro allora aveva notabilmente più valore che ora non ha, dopo l'abbondanza che ne hanno prodotte le nuove miniere e il commercio, siccome torno a ricordare. Non abbiamo notizie bastanti di quei tempi per indicare i positivi prezzi ai quali siasi venduto il sale alle gabelle. Sappiamo però dai registri civici esaminati dall'instancabile conte Giulini, che verso la fine del secolo decimoquarto si vendeva a soldi cinquanta lo staio; prezzo veramente gravoso, poiché il fiorino d'oro correva a soldi trentadue540. Il carico poi della macina alle porte di Milano erasi imposto sino dell'anno 1333, come ce ne fa fede una carta dell'archivio dello spedal maggiore, esaminata dal conte Giulini541. La gabella della Dovana eravi pure già verso la fine del medesimo secolo decimoquarto542; poiché v'è il decreto che dice: cum etiam per datiarios Dovanae bestiarum grossarum et minutarum dicti vestri comitatus fiant diversimodae extorsiones543: così faceva scrivere latino il signor di Milano l'anno 1381, dopo il lungo soggiorno fatto in questa città da Francesco Petrarca!
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