Non vi si videro spuntare per molto tempo, che informi compilazioni, popolari leggende, storie non ragionate, prose snervate e languide, poesie che di poetico non avevano altro che il metro e la desinenza delle parole, ec.
Capitolo XIII
Della signoria dei tre fratelli Matteo, Barnaḅ e Galeazzo Visconti.
Nella successione de' Visconti non si vede segúta una legge costante. Matteo I aveva quattro figli: dopo la di lui morte resṭ unico signore Galeazzo I, a cui successe Azzone di lui figlio. Pareva adunque il principato ereditarsi dal primogenito. Ma dopo di Azzone, morto senza figli, la signoria pasṣ a' due fratelli Luchino e Giovanni, senza che i figli di Stefano vi avessero parte; i quali pure avrebbero dovuto possedere l'eredità paterna, se lo Stato fosse un bene divisibile. In fatti, morto Giovanni, i tre soli discendenti di Matteo riconosciuti legittimi, cioè Matteo, Barnaḅ e Galeazzo, figli di Stefano, diventarono padroni, e si divisero lo Stato. Non vi erano in que' tempi idee chiare di gius pubblico. Il principato era un podere, non una dignità instituita per il bene dello Stato. Tutto il bene che un sovrano faceva al suo popolo, non era considerato allora come il più sacro dovere adempiuto, ma benś come un'accidentale beneficenza d'un animo generoso. Terminata che fu la vita di Giovanni, la divisione si fece di comune accordo fra i tre fratelli. A Matteo toccarono le città che s'inoltrano nell'Italia, a Barnaḅ la provincia che s'accosta a Venezia, ed a Galeazzo toccarono le terre che ora sono appartenenti al Piemonte.
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