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      Questo esercito collegato avrebbe svelta dalle radici la sovranità de' Visconti,
      se non avesse portato seco quel principio di lentore e debolezza, che sono inseparabili dalle armate combinate, ciascuna porzione delle quali, perché dipendente da un distinto sovrano, si crede la prima di ogni altra, o almeno l'eguale, e si disperde nelle rivalità, che più la tengono occupata di quello non faccia la causa comune. Così poté Barnabò difendersi, e senza nuove perdite ottenere la pace, segnata il giorno 11 febbraio 1369. Né la morte di Urbano V, che aveva sofferto l'insulto personale, diede costante fine all'odio pontificio, parve anzi che nel successore Gregorio XI venisse trasfuso come un'eredità; poiché Gregorio, l'anno 1372, combinò una nuova lega fra i principi d'Italia, e vedendo che le armi non andavano prosperamente, scomunicò di bel nuovo Barnabò, e liberò i sudditi dal giuramento di fedeltà570; poi animò l'imperatore Carlo IV, il quale, con suo diploma dato in Praga il giorno 3 di agosto dello stesso anno 1372, privò i due fratelli Visconti Barnabò e Galeazzo del vicariato imperiale e d'ogni dignità, e Barnabò venne persino degradato dell'ordine equestre571. Alle forze degli alleati, per opera del cardinale di Bourge, legato pontificio, si unirono quelle del duca di Savoia; e sebbene nemmeno questa volta l'armata combinata giugnesse a fare conquista sulle terre di Barnabò, ella però poté devastarle, e porre a saccheggio e in rovina una parte del suo Stato. Così la rozza e feroce violazione del gius delle genti produsse a Barnabò delle inquietudini mortali durante il suo regno; e questo è il primo de' due fatti.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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