(1385) Giunse il momento, e fu il giorno memorando 6 di maggio dell'anno 1385; giorno in cui venne tolta a Barnabò ed a' suoi figli, per sempre, ogni sovranità, e concentrossi nel conte di Virtù ogni potere. Il caso è noto, ed è il seguente. Il conte fece intendere al signor Barnabò ch'egli pensava di portarsi alla Madonna del Monte presso Varese; che sarebbe venuto da Pavia a Milano, la mattina del 6 di maggio, ma non amando di entrare nella città, costeggiandola fuori dalle mura, sarebbe andato a smontare nel suo castello a Porta Giovia; e che sarebbe stata pure grande la sua consolazione se avesse potuto abbracciare uno zio che tanto onorava. Si sapeva che il conte voleva condurre la scorta di quattrocento lance. Un domestico del signor Barnabò non mancò di fargli osservare che quel corredo era troppo per portarsi ad un santuario e ad un borgo dello Stato, in tempo di pace. Questo domestico si chiamava Medicina, e cercò di persuadere al suo padrone di starsene cauto e non avventurarsi. Ma Barnabò disprezzava il nipote, e attribuì alla pusillanimità sua questa schiera d'armati. I due figli maggiori di Barnabò furono spediti incontro al conte due miglia fuori di Porta Ticinese. Questi accolse co' maggiori segni di cordialità i suoi due cugini e cognati, Rodolfo e Lodovico, i quali, dopo le accoglienze, con apparenza di onore, furono circondati dalle armi di cui erano comandanti Jacopo dal Verme, Ottone da Mandello e il marchese Giovanni Malaspina. S'incamminò il conte verso Milano, e, giunto che fu avanti della porta Ticinese (che allora era ove oggidì sta il ponte del Naviglio) prese la sinistra, e per la via che ora fiancheggia il canale, andò colla sua comitiva cavalcando, sin che alle ore sedici, ossia verso mezzo giorno, trovatisi vicini al ponte che da Sant'Ambrogio conduce a San Vittore, per esso videro scendere Barnabò a cavallo con uno o due domestici di seguito.
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