Di tanti figli che aveva Barnabò, malgrado le potenti e illustri loro aderenze, non ve ne fu più alcuno che potesse comparir nemmeno a disputare la usurpata porzione del padre, trattone Estore, che eragli figlio illegittimo, il quale poté fare ventisette anni dopo un momentaneo contrasto al duca Filippo Maria, come vedremo. La potenza acquistata in un istante dal conte di Virtù fiaccò l'animo de' suoi sudditi; l'ardimento della sua ambizione, spiegata come un improvviso lampo, unita alla profondissima simulazione, rese attoniti gli altri principi; giacché gli oggetti più ne soprafanno, quanto più grandeggiano annebbiati. I popoli, oppressi dal duro e violento giogo sofferto, accolsero con allegrezza il cambiamento. La virtù e la giustizia non ebbero parte alcuna in questa rivoluzione, in cui si vide accadere un avvenimento di cui sono frequenti gli esempi; cioè che, posti due colleghi di egual condizione al governo, colui che avrà le passioni più spiegate, dovrà soccombere a colui che saprà coprire colla timidezza l'ambizione; siccome ancora accadde dell'impero del mondo fra Ottavio ed Antonio.
All'ambizione artificiosa del conte di Virtù erano poche ventuna città suddite. Egli pensava a nulla meno che al regno d'Italia; e i primi sguardi ch'egli gettò, furono dalla parte del Veronese e del Padovano, per estendere sino all'Adriatico il suo Stato. Egli, siccome dissi, possedeva già Crema, Bergamo e Brescia. Antonio della Scala era signore di Verona e di Vicenza. Francesco da Carrara era signore di Padova.
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