Se poi il conte di Virtù, che aveva ottenuta la sovranità, per sé e suoi successori maschi legittimi e naturali, dal consiglio generale due anni prima, avesse facoltà di trasferirla ai discendenti delle femmine; e se ciò fosse conforme alla pace di Costanza, all'eminente sovranità dell'Impero, di cui era vicario, ed al buon diritto, sarebbe facil cosa il deciderlo, qualora la questione si fosse tratta fra privati avanti un tribunale. Il conte dava una cosa non sua. Pure, questa incautissima eventuale sostituzione serve di una dolorosa epoca nella nostra storia, per le guerre, le invasioni, la scissione che poi ne avvenne del nostro paese.
Se i Fiorentini erano in armi, e se movevano altri principi contro di Giangaleazzo conte di Virtù, per porre argine alle conquiste ch'egli faceva nella Toscana, non avrebbero certamente i papi risparmiato dal canto loro di adoperare tutti i mezzi ch'erano in loro potere, contro di un principe invasore del loro Stato, e che occupava Bologna e le altre città che abbiamo accennate. Ma gl'interessi della Santa Sede erano turbati internamente. V'erano due, ciascuno de' quali pretendeva d'essere papa; e questo scisma, incominciato sin dall'anno in cui morì Galeazzo II, durò da un successore all'altro per lo spazio di ben quarant'anni. Alcuni paesi decisamente riconoscevano uno de' due papi per legittimo sommo pontefice. Lo scaltrito conte di Virtù non volle mai decidersi; ma adescò ed un papa e l'altro, lasciando sperare a ciascuno di volersi per esso determinare; e frattanto che i due competitori, con prodiga compiacenza, gareggiavano per guadagnarsi l'amicizia sua, egli andava togliendo alla Santa Sede lo Stato, ed operando ne' suoi dominii come s'ei fosse padrone di tutto, disponendo anche delle cose ecclesiastiche.
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