.. offerendo al primo Templo due parte de le tre che avrebbino speso ne lo andare a Roma, de la cui oblatione due parte dovevano essere de la fabrica dil celeberrimo Templo, e la tertia parte al pontefice: a questa indulgentia li ultimi dui mesi gli concorse innumerabile moltitudine de Lombardi605. Si è temuto questo passo del Corio, che asserisce avere il papa accordata l'assoluzione anche ai non pentiti; e per ciò nelle più recenti edizioni questo pezzo fu ommesso. Non vi è però motivo alcuno di temere sinistra impressione, dappoiché l'instancabile nostro conte Giulini ha pubblicata la bolla medesima di Bonifacio IX, che ritrovasi nell'archivio Panigaroli nel registro A. p. 169, in cui chiaramente si legge: vere penitentibus et confessis606. Il Corio si è ingannato attribuendo quella opinione al papa. Ma non credo io ch'egli poi siasi ingannato, asserendo che tale opinione comunemente si facesse correre per adescare in gran numero i donatori. In fatti già vedemmo al capitolo undecimo, come il cardinal legato Bertrando del Poggetto, sessantanove anni prima, aveva pubblicata la Crociata per la distruzione di Matteo I, promettendo a chi vi si arruolava assoluzione intera, liber et mundus sit tam a culpa, quam a pœna607. Questa opinione erronea e funesta era di poi andata serpeggiando per modo, che lo stesso Bonifacio IX, in un suo breve, scrisse a disinganno di chi si lasciava adescare: non veras, et prætensas facultates hujusmodi mendaciter simulant, cum etiam pro parva pecuniarum summula, non pœnitentes, sed mala conscientia satagentes inquitati suae quoddam mentitæ absolutionis velamen praetendere, ab atrocibus delictis nulla vera contritione, nullaque debita praecedenti forma (ut verbis illorum utamur) absolvant, mala ablata, certa, et incerta, et nulla satisfactione praevia (quod omnibus saeculis absurdissimum est) remittant608. V'erano dunque pur troppo i comodissimi dottori, che per carpire denaro, addormentavano gli uomini del delitto; e non è difficile che questi venissero adoperati per innalzare il Duomo; nel quale il duca pensò di lasciare ai secoli un monumento eterno della sua grandezza.
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