Et non valentes solvere detinebantur, et bona sua a stipendiariis usurpabantur615. Questi mali però in Milano si dovettero sopportar meno che altrove. Una popolata capitale, che è patria del sovrano, in una recente signoria, sempre è rispettata. I clamori sarebbero troppo vicini all'orecchio del principe. Milano in fatti, alcuni anni dopo, malgrado il disordine che dovette soffrire sotto il governo del secondo duca, era popolata, ricca ed animata colla industria. Allora in questa capitale colava il denaro che dovevano portarvi gli oratori delle trentaquattro città soggette al duca, quello che vi spendevano i ministri de' principi esteri, quello che vi consumava il duca per la sua corte e per le sue pompe, quello che si raccoglieva per fabbricare il Duomo dalla divozione de' cittadini delle altre città; e per conseguenza aveva mezzi grandi per i tributi. Certamente che il duca pose in opera tutti i ripieghi per radunare il denaro, e fra questi ricorse ad uno di que' metafisici ritrovati che, colla idea di tener celato il tributo, opprimono i popoli, più ancora di quello che non faccia un tributo sinceramente richiesto. L'Argellati ci ha pubblicata la legge monetaria, colla quale comandò quel principe che tutte le monete si dovessero spendere a maggior numero di lire; così che, da quel giorno in avanti, la moneta che correva per tre soldi, dovesse essere spesa ed accettata per quattro soldi; salvo però il pagamento de' tributi, che eccettuò e volle che venissero pagati a ragguaglio dell'antica moneta616. Con questa operazione quel sovrano defraudava i suoi creditori e stipendiati d'una quarta parte di quanto loro competeva.
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Milano Duomo Argellati
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