In tale stato erano le cose, che, due anni dopo la morte del duca Giovanni Galeazzo (due anni appena dopo la real clamide disposta, la corona e lo scettro), i suoi figli tremavano, il primo rinchiuso in Milano colla duchessa sua madre nel palazzo di corte, custodito come un ostaggio in mezzo di una città che, divisa in partiti, tumultuava ogni giorno; e l'altro appiattato nel castello di Pavia e mal sicuro, perché nella città più di lui potevano i Beccaria: ed ecco il fine di tanta ipocrisia, di tanti maneggi, di tanta simulazione, e di tante violazioni di fede!
Il duca Giovanni Maria, mentre stavasene occulto nel palazzo ducale, nel tempo in cui i suoi Stati erano ceduti, invasi, saccheggiati, ovvero oppressi senza di lui saputa in suo nome, s'annoiò della compagnia della vedova duchessa sua madre, fors'anco per qualche buon ricordo che ella gli desse. Come la cosa andasse non lo sappiamo. La duchessa Catterina dovette staccarsi dal duca suo figlio, e si ritirò a Monza, per ivi passare il resto de' tristi giorni suoi; i quali ben presto terminarono il giorno 17 di ottobre dell'anno 1404. Questa morte si attribuì, non senza fondamento, allo stesso duca suo figlio; e le azioni della sua vita ci levano pur troppo l'inquietudine di essere o maligni o calunniosi nel sospettarlo. I consiglieri di quell'insensato duca non erano sazii mai della preda, e imponevano tributi, prestazioni e gabelle, per fare in ogni modo un buon saccheggio; ma non avendo assoldate truppe bastanti, né essendo ben organizzata la macchina politica, non sapevano con qual mezzo forzare i sudditi a pagare i tributi imposti, e allora ne immaginarono uno che prova l'indole di quel misero governo.
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