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      Crema ritornò in potere del duca, perché il nipote del conte di Crema, Giorgio Benzone, tradì suo zio e v'introdusse le armi ducali.
      Stavasene il duca Filippo Maria inaccessibile nel castello di Milano, senza che mai fosse veduto nella città. Le strade di Milano, le mura istesse diroccavano, e si lasciavano senza riparazioni. Quel principe credeva all'astrologia; e questa era forse anco la sola norma della sua morale e di tutte le sue azioni. Quando la luna era in congiunzione col sole, egli s'intanava in qualche angolo del castello più solitario, e non voleva mai dare risposta, né permetteva nemmeno che alcuno la desse per lui. Aveva una macchina egregiamente lavorata; quest'opera di orologeria dinotava il movimento dei pianeti, e quest'era l'oggetto della più frequente osservazione del duca. Se taluno lo interpellava per avere i suoi ordini del momento che egli credesse infausto, o taceva, ovvero rispondeva soltanto: aspetta un poco. Egli aveva i suoi astrologi, i quali erano i più cari di lui consiglieri, e quelli che influivano più d'ogni altro nel governo dello Stato. Le forze del duca Filippo Maria ci vengono descritte da Andrea Biglia. Il conte Francesco Carmagnola era alla testa degli stipendiati ducali. Settecento cavalieri formavano la guardia del corpo: il Biglia li chiamava familiares. Due squadroni, ciascuno di settecento cavalieri, formavano due corpi di lance spezzate, lanceas laceras. Aveva altra cavalleria comune, in tutto quattromila cavalli. D'infanteria egli aveva allo stipendio mille uomini scelti, tutti coperti di lucidissime armature, qui totis armis lucerent; e il rimanente dei fantaccini, ben corredati, ascendeva a più di quattromila uomini628. Tale armata si preparava a marciare contro del marchese di Monferrato; il quale, per evitare la guerra, cedette al duca Vigevano.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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