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      Fosse il peso d'un troppo grande beneficio insopportabile all'anima del duca; fosse ambizione, per cui si sdegnasse d'aver per moglie una che non era di famiglia sovrana; fosse noia d'avere una compagna d'un'età matura; fosse l'amore ch'egli già nutriva per Agnese del Maino, colla quale visse poi sempre, ed a cui null'altro mancò se non il nome di moglie; fosse una trama di qualche abbietto favorito, a cui non tornava bene che il duca ascoltasse fedeli consigli; fosse perfine ciò prodotto da qualche astrologica predizione che promettesse al duca felicità da un tal colpo; qualunque ne fosse il motivo, tale fu la mercede che Filippo Maria seppe rendere ai benefici ricevuti da quella sventurata donna. Trema la mano nello scrivere tali abbominazioni!
      La città di Piacenza era stata occupata da principio da Facino Cane; poi se n'era preso il dominio Filippo Arcelli. Il fratello ed il figlio di questo signore caddero in potere del duca; il quale, memore di quanto col Fogliano aveva quarantasei anni prima fatto Barnabò, fece piantare a vista di Piacenza due forche, e fece intimare la resa a Filippo Arcelli, minacciandogli altrimenti di fare impiccare Bartolomeo e Giovanni, il fratello ed il figlio. Non credette Filippo che il duca volesse a tal segno disonorarsi, e ricusò di cedere la sovranità. Que' due illustri ed innocenti gentiluomini furono ben tosto impiccati, a vista della madre medesima, che da una finestra s'accorse dell'orribile sventura, e colle smanie accrebbe talmente l'intima desolazione del marito, che se ne uscì da Piacenza sconosciuto; e così quella città ritornò in potere del duca il giorno 13 di giugno dell'anno 1418. (1419) Bergamo era posseduta dai Malatesta; ma il conte Francesco Carmagnola la sorprese e la riacquistò al duca il giorno 24 di luglio l'anno 1419; il che vedutosi da Gabrino Fondulo, signore di Cremona, stimò di vendere al duca la sua sovranità per trentacinque mila fiorini, ossia ducati d'oro.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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