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      Le città erano Milano, Como, Brescia, Bergamo, Lodi, Crema, Cremona, Piacenza, Parma, Faenza, Imola, Forlì, Pavia, Alessandria, Tortona, Genova, Asti, Vercelli, Novara e Vigevano, tutte acquistate nel breve spazio appena di dodici anni. Avrebbe il duca sottomesse ancora le altre quindici città che gli mancavano per ricuperare lo Stato di suo padre; avrebbe fors'anco esteso ancora più in là i confini; se, tenendosi inaccessibile, invisibile e sempre attorniato da uomini da nulla, fra i quali il primo era certo Zanino Riccio, non avesse tagliato a se medesimo la mano destra col diffidare del conte Carmagnola, dopo le non interrotte prove del di lui animo. La superiorità dei talenti del conte, e la grandezza colla quale suggeriva i buoni consigli al suo principe, facevano tremar di paura gli abbietti uomini che attorniavano il duca. S'avvedevano ben essi che quel generale non avrebbe mai fatto lega né cogli astrologi, né coi parassiti che deludevano il sovrano. Formarono quindi il progetto di alienar l'animo del duca dal conte Carmagnola, e mentre il conte gli sottometteva le città, facevano malignamente risuonare all'orecchio di Filippo Maria l'amore dei soldati, la riverenza de' popoli sempre crescente verso del Carmagnola. Quindi ogni dì
      più rendevano timido il duca appiattato, invisibile ad ognuno, fuori che ad essi; a tal segno ch'ei non usciva dal castello di Milano, se non dalla parte solitaria dei campi; per di là passando al castello di Abbiategrasso, ove parimenti stavasene solitario ed occultato.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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