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      La fortuna, da che aveva perduto il Carmagnola, eragli stata quasi sempre nemica; s'aggiugneva a questi mali la cecità, che da più mesi era in lui totale, sebbene simulasse di vedere: caecitatem sic erubuit, ut visum simularet, cubicularibus clamculum eum admonentibus640, dice il Decembrio641: onde, sebbene non oltrepassasse il cinquantesimoquinto anno, era ridotto come un vecchio decrepito. Io non ho accennato ancora le seconde nozze contratte dal duca colla principessa Maria di Savoia; poiché ella non ottenne se non se il nome di duchessa, e l'amica del duca fu sempre Agnese del Maino, madre di Bianca Maria; e si leggono in un antico messale che si conserva nella cospicua raccolta del signor don Carlo dei marchesi Trivulzi, le orazioni che allora si recitavano nella messa per quella compagna del duca, quasi ella fosse tale colla sanzione de' sacri riti642. Il duca, senza eredi, senza prossimi parenti, così morì. Fu seppellito tumultuariamente nel Duomo. Se vivesse allora Zanino Riccio, nol so. L'erario, del duca venne saccheggiato da' suoi famigliari, i quali si divisero diciasettemila ducati d'oro. Francesco Sforza era nella Romagna, né poteva allegare titolo alcuno per il dominio di Milano. Innocenzo Cotta, Teodoro Bossi, Giorgio Lampugnano, Antonio Trivulzi e Bartolommeo Moroni furono i capi dei Milanesi che progettarono di ricusare la signoria d'un solo come una pessima pestilentia, dice il Corio; ed avevano ben ragione di così risguardarla, poiché avevano provato che in dodici principi, due soli erano stati buoni, Azzone e Giovanni arcivescovo; tollerabili quattro, cioè l'arcivescovo Ottone, Matteo I, Galeazzo I e Luchino; e gli ultimi sei che finalmente erano succeduti, non presentarono che vizi e detestabili tirannie.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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