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      La città adottò quel partito. Si demolì il castello di Milano, e molte città dello Stato imitarono quest'esempio, come vedremo nel seguito della storia. Così terminò la sovranità della casa Visconti e la discendenza di Matteo, la quale ebbe, senza interruzione, la signoria di Milano pel corso di centotrentasei anni, ed erano già trentaquattro anni da che grandeggiava per averla, quando l'ottenne.
      Prima di terminar questo capitolo convien dare un'idea dello stato in cui trovossi Milano ne' tempi ultimi de' quali ho scritto. Le città possono talvolta crescere ed ingrandirsi anche sotto un odioso e viziato governo; purché i vizi di quello direttamente non offendano i principii e le cagioni della prosperità del popolo. Non furono vessati i sudditi con eccessivi tributi sotto Filippo Maria; la proprietà de' cittadini non fu violata; le guerre si fecero al di fuori, e la città non ebbe a soffrirne; la pestilenza, che andava girando, e più d'una volta, non lungi da Milano, non vi penetrò. Crebbe quindi la popolazione; si ammassarono le ricchezze in questa capitale d'un vasto dominio; si rivolsero i cittadini all'industria del commercio; giacché sotto di quel governo nessun uomo di mente poteva ambire altra carriera; e così Milano diventò una tanto poderosa città, sì che nacque il proverbio poi, che conveniva distruggere Milano per rinvigorire l'Italia, come ci annunziò un autore imparziale. Quid dicam de Mediolano, potentissima Italiae civitate, Galliaeque Cisalpinae metropoli; in qua tam multa, tamque diversa artificum genera, tantaque frequentia, ut inde vulgo sit natum proverbium, qui Italiam reficere velit, eum destruere Mediolanum debere643. Andrea Biglia, scrittore di quel tempo, ci dà idea della popolazione di Milano: nempe ut facile existiment posse in ea civitate super triginta hominum millia armari644; e non sarebbe esagerazione il supporre che il solo dieci per cento della popolazione fosse atto alla milizia.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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